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Opportunità e rischi nell’era dell’onlife, in continua interazione tra reale e virtuale.

Meeting online, video call, scambi continui di email e whatsapp: che stress!

Gli strumenti digitali fanno parte della nostra quotidianità. In particolare, dalla pandemia da Covid-19 in poi siamo sempre più immersi in comunicazioni e ambienti digitali che sono stati implementati con grande rapidità: dallo smartworking all’intrattenimento passiamo gran parte della giornata con un device digitale in mano e i confini tra vita privata e lavorativa, tra fisico e digitale, tra investimento di energia e tempo di ricarica sono sempre più sottili o a volte sembrano inesistenti. 

La nostra è un’esperienza di continua interazione tra la realtà digitale e quella fisica. Come dice il filosofo contemporaneo Luciano Floridi esperto di etica digitale: siamo onlife 

Da una parte, la rapida evoluzione tecnologica e digitale ci ha aperto un mondo di possibilità, attività e confort inimmaginabili solo qualche decina di anni fa, con importanti benefici in diverse aree della nostra vita che accogliamo con entusiasmo: comunicazione, salute, produttività, conoscenza, etc. Ci sentiamo connessi con il mondo e questo ci dà anche l’illusione di poter fare e presidiare tante cose contemporaneamente. 

Ma c’è un’altra faccia della medaglia. In questa dimensione digitale ci sentiamo in dovere di essere “sempre sul pezzo” e a non disconnetterci mai, con standard di prestazione sempre più alti e confrontabili che vorremmo mantenere in tutte le aree della nostra vita, in una gara continua con gli altri e con noi stessi. Così facendo però investiamo molta energia e tanta la disperdiamo in modo automatico e spesso inconsapevole.  

Come ci sentiamo quindi a fine giornata? Con la sensazione di avere le batterie scariche, di aver combinato poco al lavoro, senza più energia a sufficienza da investire su di noi e nelle nostre relazioni.  

E tutto questo ha un costo per il nostro benessere. 

 

Immagine articolo su stress digitale foto di Andrea Piacquadia da Pexels

Prestare maggiore attenzione e essere più consapevoli su come impattano gli ambienti digitali sui nostri stati d’animo e sulla nostra energia ci consente di scegliere come viverli in modo da trarne vantaggio tutelando il nostro benessere psicofisico.  

Infatti, se non possiamo oggi prescindere dall’utilizzo di app e piattaforme digitali, possiamo apprendere e allenare funzionali strategie di coping per monitorare lo stress digitale a cui siamo esposti. 

Tecnostress: dove va a finire la nostra energia? 

Quando parliamo di “stress” nel linguaggio comune spesso vogliamo descrivere la sensazione di sentirci sotto pressione e super impegnati. Lo stress psicofisico è una precisa risposta del corpo, in particolare una risposta ormonale, a tutta una serie di normali e innocui eventi della vita o a vere e proprie minacce o pericoli e si attiva quando il carico di richieste, reale o percepito, è eccessivo rispetto alle risorse a disposizione per espletarle. Lo stress è dunque una risposta adattiva necessaria del nostro organismo, che ci spinge all’azione e ci consente di apprendere ma, se diventa una costante nella nostra quotidianità minaccia la nostra presenza mentale e soprattutto il nostro benessere. 

Esiste una stretta relazione tra lo stress e la nostra presenza online caratterizzata da una continua sovraesposizione a stimoli e richieste: il tecnostress. Uno stress collegato alle tecnologie digitali che secondo René Riedl, Vice Preside e Professore di Digital Business & Innovation della School Business and Management dell’University of Applied Sciences Upper Austria, non  è riconducibile solo alle interazioni dirette ma anche alle “… percezioni, emozioni e pensieri riguardanti l’utilizzo delle nuove tecnologie di informazione e comunicazione (ICT) nelle organizzazioni e la loro pervasività nella società in generale”. 

Definito un doveroso framework teorico, resta una domanda molto pratica a cui dare risposta: come riconoscere e misurare i fattori e gli effetti del tecnostress?  

Un articolo pubblicato sulla rivista online Frontiers approfondisce la Digital Stressors Scale, uno strumento, in continua evoluzione, per valutare il grado di tecnostress negli ambienti lavorativi.  

 

Secondo questa scala esistono 50 fattori tecnostressanti suddivisi in 10 categorie che vanno dalla gestione della complessità, al sovraccarico informativo passando per l’analisi del contesto organizzativo e la privacy. 

Conosciamo un po’ più da vicino alcuni di questi fattori che ci sollecitano quotidianamente e che sono la fonte del nostro stress: 

  • riceviamo tante notifiche, sonore e visive, trilli, suoni, schermi che si illuminano, ci arrivano da vari canali di comunicazione ci tengono costantemente all’erta attivandoci per dare risposte quanto più immediate; 
  • siamo raggiungibili sempre e ovunque, così crescono le aspettative insieme alla necessità di essere sempre disponibili: da un lato ci infastidisce non poter gestire liberamente il nostro tempo, dall’altro facciamo fatica a disconnetterci; 
  • siamo continuamente “sotto i riflettori”, riceviamo enormi quantità di stimoli e a nostra volta li produciamo, talvolta entrando in competizione, spesso per nostra scelta, come succede per le condivisioni sui social, ad esempio; 
  • gli imprevisti tecnologici, come shutdown social temporanei, guasti al nostro smartphone, malfunzionamenti del nostro pc e blackout, fanno nascere in noi frustrazione e ci attiviamo al problem solving anche quando avremmo altre priorità; 
  • ci sentiamo in dovere di aggiornarci costantemente sugli strumenti tecnologici o sulle nuove funzionalità dei tools che utilizziamo quotidianamente, con investimento di tempo, risorse cognitive e senza tenere conto che non sempre è per tutti o è così immediato; 
  • non riusciamo mai a spegnere il cervello, che sovraccarico di stimoli e informazioni, resta sveglio e attivo anche quando vorremmo o abbiamo bisogno di staccare la spina e riposarci;
  • siamo altrove con il pensiero, facciamo piccoli errori o impieghiamo più del tempo necessario a svolgere alcune attività. Le neuroscienze lo chiamano “mind wandering”, il vagare della mente che occupa ben il 50% delle nostre giornate e alimenta sensazioni di ansia e procrastinazione.  

Sono tutti fattori che hanno dirette conseguenze sulle persone e sui team da un punto di vista emotivo, cognitivo e produttivo. Se da una parte dunque le aziende sono alle prese con entusiasmanti e necessari processi di digitalizzazione, dall’altra è importante valutare l’impatto che le nuove tecnologie e i nuovi mezzi di comunicazione hanno sulle persone, al lavoro e non solo. Per valorizzare e accompagnare questi processi di cambiamento nell’era dell’onlife la formazione può essere un’alleata preziosa per far crescere la consapevolezza e attivare comportamenti virtuosi, come il roadshow ideato con Microsoft, con particolare attenzione al benessere digitale, o il format Isole del benessere, una proposta colorata e rigorosa per prendersi cura dei team.

Digital Wellbeing: come attivarsi per tutelare il benessere negli ambienti digitali.

Di fronte a situazioni di stress, il nostro corpo cerca di cavarsela da solo. È in grado, infatti, di attivare naturalmente dei meccanismi corporei regolatori deputati a riportare l’equilibrio. Questi meccanismi possono risultare ancora più efficaci attraverso l’allenamento e l’apprendimento di funzionali strategie di coping.

La gestione efficace del tecnostress passa dunque dall’allenamento e dall’apprendimento ma non può certo prescindere dalla consapevolezza, sull’utilizzo dei mezzi digitali, sul loro impatto sulla sfera emotiva e sul nostro corpo.

Consapevolezza sull’utilizzo dei mezzi digitali.
Quando li usi e perché? Valuta se è veramente necessario farlo in quel momento o se è solo un modo per occupare il tempo. 

Consapevolezza emotiva.
Che emozioni provi quando usi mezzi digitali? Presta attenzione alle emozioni e ai pensieri mentre svolgi le tue attività, anche quelle più automatiche come far scorrere il dito sui social media.

Consapevolezza sui segnali che il nostro corpo ci invia.
Ascolti il tuo corpo? Il nostro corpo comunica e ci invia importanti campanelli d’allarme dello stress. Considera come tali il cambiamento del ritmo del respiro (che spesso nelle situazioni di stress va in apnea), l’insonnia, la difficoltà a «staccare» e a rilassarti, la difficoltà a trovare idee, un senso del confronto con gli altri online opprimente, un senso costante di spossatezza. Ogni persona ha i suoi campanelli di allarme.

Cosa possiamo fare quando notiamo un campanello d’allarme suona con prepotenza facendoci provare un senso di sovraccarico e sopraffazione in relazione alle nuove tecnologie?

  • Tornare alla realtà: quando viviamo un momento di disagio fermiamoci e focalizziamo l’attenzione su qualcosa di concreto. Può essere utile toccare fisicamente qualcosa, la scrivania, il volante o anche il nostro corpo concentrandoci sul nostro respiro. 
  • Creare e curare i confini di tempo e spazio: per brevi slot di tempo proviamo a disattivare le notifiche, mettere il telefono in modalità aereo o tenerlo in un’altra stanza per favorire il focus su quello che stiamo facendo. Impegniamoci a definire una nostra routine digitale, spegnendo lo smartphone 1 ora prima di dormire (attività che migliora anche il nostro sonno) e non accenderlo come prima attività della mattina. Questo aspetto è strettamente connesso al tema della labilità dei confini tra vita e lavoro, complice la pandemia e lo smartworking, a cui abbiamo dedicato un focus particolare in un paperscritto da Anna Cazzulani, founder e partner di Kokeshi  ColuredHR.
  • Fare una pausa ogni tanto: le pause non sono momenti improduttivi, al contrario le neuroscienze confermano quanto siano importanti per ripristinare le funzioni del nostro cervello, controllare i livelli di stress e favorire la concentrazione.

Oggi più che mai si parla di Digital Wellbeing, benessere digitale, che ha a che fare con una modalità consapevole di utilizzare la tecnologia in grado di esaltarne le possibilità ma anche di riconoscerne i limiti. Affrontare i campanelli d’allarme e mettere in pratica queste micro-strategie può dunque aiutare a vivere al meglio gli ambienti digitali, fronteggiare situazioni di tecnostress e, soprattutto, dosare e preservare la nostra energia al lavoro (e non solo). Limiti sempre più fragili che hanno un impatto notevole sul nostro benessere. È proprio quando affrontiamo le situazioni con la giusta consapevolezza che abbiamo accesso a emozioni piacevoli, aumentiamo l’attenzione, la produttività e ci sentiamo bene. Viene voglia di provare, no?

Articolo di Erika Meneghello

Kokeshi coloured HR